Presentato a Roma, nella sede della stampa estera, lo studio di Nomisma Wine Monitor su “Tendenze e prospettive per i fine wines italiani presso la ristorazione tedesca”. I vini premium in Germania: indagine dell’Istituto Grandi Marchi su un mercato in evoluzione; cresce il valore, ma calano i volumi. occorre promozione mirata per migliorare la conoscenza del consumatore tedesco rispetto alle etichette italiane

 

Roma, 18 dicembre 2018 – Su 2,5 miliardi di euro di vino importato nel 2017 in Germania, terzo mercato più importante dopo Usa e UK, il 36% è made in Italy. E se negli ultimi cinque anni, in linea con il trend generale, i vini fermi imbottigliati provenienti dall’Italia sono calati in volume del 10%, hanno comunque registrato una quasi equivalente crescita in valore (+9,8%), a riprova di un evidente riposizionamento qualitativo in un Paese che dal canto suo sta riscoprendo una predilezione verso i local wine, bianchi in testa.

A dirlo è lo studio “Tendenze e prospettive per i fine wines italiani presso la ristorazione tedesca”, commissionato dall’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi all’Osservatorio Wine Monitor di Nomisma e presentato oggi a Roma nella sede dell’Associazione stampa estera.

Sotto la lente, 200 ristoranti (di cui il 78% di fascia medio-alta) segnalati dalle principali guide di settore e un campione di 1000 consumatori che normalmente bevono vino fuori casa. Due filoni d’indagine da cui emerge come principale tratto comune una vera e propria ‘svolta campanilista’ verso lo stile alimentare tradizionale tedesco a discapito di quello straniero.

Di fronte alla scelta del vino da inserire in carta, infatti, il 34% dei ristoratori sceglie principalmente in base all’origine tedesca e poi alla popolarità del vitigno (33%) e alla notorietà del brand (23%).

Sul versante dei consumatori, l’acquisto dei vini premium al ristorante (prezzo a bottiglia superiore ai 30 € per i bianchi e ai 40€ per i rossi) segue il criterio della tipologia (23%) e quello del territorio di produzione (21%) con in testa, nell’ordine, Germania, Francia e Italia.

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